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Il 2017 è stato uno degli anni più caldi e secchi mai registrati, e questo si riflette chiaramente nella maggior parte dei Brunello di Montalcino appena usciti dall’annata torrida.
Dei 177 vini che ho degustato (trovate i punteggi delle recensioni alla fine di questo articolo) alla cieca nel mio ufficio a dicembre, la maggior parte dei Brunello di Montalcino 2017 erano densamente concentrati, con alcol evidente e per gli intenditori di Brunello tanti hanno una preoccupante uniformità in termini di aroma, sapore e personalità. Come previsto in un anno così caldo, con l’eccezione di alcuni produttori, molti dei 2017 mostrano note di frutta a bacca nera stramatura, strutture alcoliche e una densa concentrazione. Dovrebbero essere consumati entro i prossimi 5-7 anni.
Mentre l’alcol in volume sta aumentando in tutto il mondo a causa dei cambiamenti climatici (ne ho già scritto diverse volte, in particolare qui: Hot Italian Wines: Is 15% abv the New 14%? ), il 2017 ha segnato una svolta a Montalcino. Più del 20% dei 2017 che ho recensito hanno un grado alcolico del 15% o più, con diversi che arrivano al 15,5% e uno al 16%. Dato il margine di manovra consentito dalla normativa dello 0,5% tra i livelli alcolici dichiarati e le quantità effettive, ciò significa che i vini di quest’ultimo gruppo sono probabilmente più vicini al 15,5%, 16% e 16,5% rispettivamente. Anche se i 2017 hanno generalmente più acidità rispetto ad altre annate torride (a causa di un periodo di blocco delle viti come difesa contro lo stress idrico, secondo alcuni produttori, mentre altri citano come motivo una migliore gestione del vigneto per combattere le annate calde) un gran numero dei 2017 restano sbilanciati a causa delle sensazioni generate dai livelli di alcol non sufficientemente compensati da frutta e struttura tannica, nonostante i livelli di acidità.
Il caldo e la grave siccità sono stati responsabili di circa il 20% in meno di produzione complessiva di Brunello rispetto al 2016. Parti della denominazione sono state anche colpite dalle gelate di aprile, principalmente alle quote più basse, con una perdita di uva del 5-15% per alcuni produttori. A causa della mancanza di acqua e delle alte temperature, gli acini erano più piccoli del solito e contenevano meno liquido, aumentando la concentrazione nei vini.
Produttore produttore produttore
Nonostante le difficili condizioni, alcuni produttori sono riusciti comunque a produrre vini stellari che vantano la freschezza e l’eleganza che gli amanti del vino si aspettano dal Brunello. Si trattava per lo più di piccole tenute che non solo hanno vigneti ad alta quota che se la cavano meglio nelle annate calde, ma i cui incredibili sforzi hanno portato a termine a dir poco un miracolo nel 2017.
“Non decido quando raccogliere in base agli zuccheri e al potenziale grado alcolico, ma in base all’acidità”, afferma Francesco Mulinari, enologo e proprietario dell’azienda vinicola L’Aietta. Con altitudini dei vigneti che vanno dai 390 ai 500 metri di altezza, questo è uno dei gioielli di Montalcino. Il 2017 di Mulinari mostra classe, eleganza ed energia sorprendente per l’annata, in parte grazie alla forma di allevamento – in parte delle sue viti – ad alberello, molto rare a Montalcino. “Le mie viti ad alberello resistono meglio alla siccità delle mie piante allevate a Guyot, perché conservano più acidità dell’uva”.
Mulinari ammette che produrre vini con eleganza e vivacità sta diventando sempre più difficile. “Faccio Brunello da vent’anni e ogni anno il mio lavoro è più difficile. Tra il 2001 e il 2010, ho vissuto un’annata estremamente calda e impegnativa, il 2003. Ma nell’ultimo decennio questo è aumentato a sei annate difficili su dieci, con 2011, 2012, 2015, 2017, 2020 e 2021 tutte estremamente caldi e difficili”, dice Mulinari.
L’annata è stata impegnativa in tutta la denominazione, ma i vigneti posizionati nelle zone più alte sono andate meglio. “Nel 2017 avevo il terrore di produrre vini opulenti”, afferma Lorenzo Magnelli, enologo e co-proprietario della tenuta di famiglia Le Chiuse situata a nord della città. “Rispetto ad altri anni caldi come il 2003, 2009 e 2011, il 2017 è stato molto più secco. A causa della prolungata siccità, le bucce erano molto più spesse del solito e gli acini erano più piccoli, con meno liquido del normale. Per preservare freschezza ed eleganza, ho iniziato la vendemmia prima che mai, il 6 e il 7 settembre”.
Mentre le quote più elevate e le relative temperature più fresche che offrono erano importanti, Magnelli sottolinea che anche il suolo ha svolto un ruolo importante. “Il tipo di terreno è stato fondamentale nel 2017. L’argilla in grado di trattenere l’umidità ha ottenuto risultati migliori rispetto ai terreni più rocciosi e ben drenanti, ma solo se il coltivatore ha lavorato costantemente i terreni per evitare che si indurissero”, afferma.
In cantina Magnelli ha effettuato una macerazione più breve del solito, 18 giorni invece di 22 o 23. Per evitare che i vini si evolvessero troppo e troppo velocemente, e per ottenere finezza, ha fatto maturare i vini per due anni e mezzo in botti di rovere anziché i soliti tre, dando quindi anche più tempo in bottiglia ai vini prima dell’uscota. “Per preservare la freschezza, l’uva dagli acini più grandi è andata al Brunello e la più piccola al Rosso di Montalcino, esattamente l’opposto di quello che faccio normalmente”, dice Magnelli. Grazie a questi sforzi, il Brunello 2017 di Le Chiuse vanta l’usuale rinomato pedigree, finezza e freschezza dell’azienda.
Possedendo alcuni dei vigneti più alti di Montalcino, Gigliola Giannetti, co-proprietaria insieme alle figlie Viola e Sofia de Le Potazzine, produce vini profumati, vibranti e carichi di finezza, tra cui il suo delizioso 2017. Ma ad un certo punto ha avuto dei dubbi sull’annata.
“Nel 2017 non ci sono state piogge per cinque mesi e mezzo e a metà maggio avevamo già temperature elevate, di tipo estivo. Ad agosto temevo che avremmo prodotto un vino più simile al Primitivo che al Brunello, soprattutto perché fermentiamo con lieviti autoctoni e senza controllo della temperatura”, afferma Giannetti. Oltre a non defogliare affatto la chioma fogliare, afferma che il passaggio dal cordone speronato ampiamente diffuso al sistema di allevamento a guyot è stato fondamentale perché “il Guyot offre più scelte in termini di gestione degli anni caldi”.
Ampiamente presente nella denominazione fino agli anni ’70 e ’80, i produttori di Brunello hanno rinunciato al guyot a favore del cordone speronato, non solo perché il cordone speronato facilita una maggiore meccanizzazione nei vigneti ma perché incoraggia il Sangiovese a produrre grappoli sempre più piccoli e acini più piccoli con più polifenoli. Mentre il cordone speronato è ancora prevalente, come segno dei tempi, sempre più produttori di Montalcino si stanno convertendo al guyot.
Se la reputazione e la costanza del produttore sono sempre state la migliore garanzia per il Brunello, è assolutamente essenziale per navigare nell’annata 2017.
Le mie recensioni dei Brunello di Montalcino 2017 sono pubblicate sul numero di Aprile di Wine Enthusiast, ma sono anche visibili online su winemag.com. Di seguito trovate il riepilogo dei punteggi.
Below you find my ratings for all Brunello di Montalcino 2017, on winemag.com you will find the complete reviews.
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On Top of the World, Wine Enthusiast, by Kerin O’Keefe
You can find the original English version of this article here: On Top of the World.
Incastonato tra Austria e Svizzera nelle montagne dolomitiche, l’Alto Adige è la zona vinicola più settentrionale d’Italia e produce alcuni dei bianchi più apprezzati del paese. I radiosi vini dell’Alto Adige esprimono la loro splendida cornice montana. Grazie alla varietà dei suoli ed ai microclimi unici che vanno da un clima quasi mediterraneo al sud, al fresco del nord dove dominano pendii ventosi e ripidi, i vini bianchi della denominazione vantano eleganza, energia e profondità. Le migliori bottiglie sono dotate anche di struttura e di un notevole potenziale di invecchiamento.
Se alla fine degli anni ’70 l’Alto Adige era orientato alla produzione di vini rossi guidati dai vitigni autoctoni Vernatsch (alias Schiava) e Lagrein seguiti da Merlot e Pinot Nero, oggi dominano i vini bianchi, che rappresentano il 64% della produzione complessiva. Il Pinot Grigio guida in termini di volume seguito dal Gewürztraminer, con Chardonnay il terzo vitigno bianco più piantato. Ma i bianchi più interessanti dell’Alto Adige sono i vini varietali prodotti con Pinot Bianco, Kerner, Sauvignon, Sylvaner, Müller-Thurgau, Riesling e Grüner Veltliner.
Raffinato Pinot Bianco
Ormai il secondo vitigno bianco più coltivato insieme al Gewürztraminer, il Pinot Bianco ha trovato la sua dimora spirituale in alcune parti dell’Alto Adige. Queste includono il comune di Appiano, dove è la varietà bianca più piantata. Coltivato in Alto Adige dal 1850, in passato la maggior parte del Pinot Bianco della zona dava origine a vini blandi e diluiti consumati localmente. Le cose sono cambiate tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 quando l’Alto Adige e la maggior parte dell’Italia hanno iniziato a passare da produzione di vino sfuso alla produzione di qualità. Secondo Hans Terzer, enologo di una delle cantine cooperative più famose d’Italia, San Michele Appiano e pioniere nell’elevare lo status del Pinot Bianco, una migliore gestione del vigneto è stata la chiave per far rivivere questa varietà a lungo misconosciuta. “Il Pinot Bianco ha bisogno di condizioni di crescita molto specifiche per eccellere, compresi vigneti di alta collina, generalmente sopra i 450 metri (1.476 piedi) dove la combinazione di altitudine e brezze fresche generano temperature fresche durante la stagione di crescita”, afferma Terzer. “Va meglio quando è esposto al sole e al calore meno diretti e ha bisogno anche di terreni complessi, principalmente calcarei con un po’ di argilla. La scelta dei migliori siti è stata fondamentale per migliorare il Pinot Bianco”. Le viti di Pinot Bianco producono naturalmente molta uva, quindi è necessario mantenere bassi i rendimenti attraverso la “vendemmia verde”, oltre ad utilizzare cloni a bassa resa. Queste azioni si sono dimostrate come fondamentali per migliorare la qualità del vino. Le migliori espressioni vantano consistenze cremose e brillante acidità, sensazioni di frutta a nocciolo bianca, fiori di campo, fieno e delicate note di nocciola. Se invecchiati parzialmente o interamente in rovere, i vini aggiungono complessità e resistenza.
Di seguito trovate le mie scelte per ciascun vitigno, con un solo vino per ciascun produttore, Cliccando sul link in grassetto trovate la recensione completa sul sito di Wine Enthusiast.
Pur rappresentando solo il 2% della produzione complessiva della provincia, in pochi anni il Kerner è diventato uno dei vini bianchi più trendy d’Italia, con i produttori che affermano che la domanda è in aumento ogni anno, soprattutto nel mercato statunitense. Incrocio tra Schiava (Vernatsch) e Riesling, questo vitigno resistente al gelo nasce nel 1929. Prende il nome dal poeta tedesco Julius Kerner, è coltivato ad altitudini più elevate, precisamente in Valle Isarco e Val Venosta, due delle sei sottozone dell’Alto Adige. Tuttavia l’uva è maggiormente associata alla Valle Isarco, l’estrema sottozona settentrionale della regione che rende la valle la zona viticola più settentrionale di tutta l’Italia. L’area è in media da 2 gradi più fresca rispetto alle aree più meridionali della provincia. Le differenze di temperatura diurne e notturne sono molto elevate, dato che durante la stagione di crescita le temperature notturne possono essere fino a 18 gradi più fresche rispetto ad altre aree, secondo quanto riportato dai produttori locali. Nella valle si coltivano quasi solo uve bianche, con il Kerner ora la varietà più piantata.
“Il Kerner cresce così bene qui a causa dell’altitudine dei vigneti e delle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte”, afferma Andreas Huber. Uno dei sette figli, Andreas è l’enologo e insieme a sua sorella Katharina, è la sesta generazione a gestire l’azienda vinicola Pacherhof a conduzione familiare a Neustift, sopra la città di Bressanone. “Siamo situati vicino alla dorsale principale delle Alpi, il che significa vicino a montagne innevate, quindi la nostra zona è nel mezzo di questa zona di tensione tra notti molto fresche e giornate calde”. I vigneti della famiglia si estendono da 2.132-3.182 piedi sul livello del mare e il padre Josef Huber viene accreditato come il primo a piantare Kerner nella valle.
I migliori Kerner sono fragranti, di medio corpo, sapidi e levigati, offrono sentori di pompelmo, frutta tropicale e noce moscata oltre a note minerali di pietra focaia contrapposte ad una fresca acidità.
Introdotto insieme alla maggior parte delle altre uve bianche a partire dal 1880, il Sauvignon è una delle varietà di punta della denominazione. Gli stili dei vini variano da cristallini e vibranti a corposi e complessi a seconda di dove vengono coltivate le uve e degli stili di vinificazione. Nei vigneti situati a ovest e ad est della denominazione, i vini mostrano aromi e sapori varietali classici come fiori di sambuco, uva spina, frutta tropicale e note erbacee di foglie di pomodoro e fieno. “Il Sauvignon ha una lunga tradizione in Alto Adige e qui sulle Alpi ha trovato la sua dimora ideale. Con il nostro clima fresco, ma con giornate calde e notti fresche, quindi con grandi sbalzi di temperatura, matura l’intero spettro dei suoi aromi primari pur mantenendo la sua acidità”, afferma Karoline Walch, figlia della fondatrice e co-proprietaria di Elena Walch. Le bottiglie dell’azienda Vigna Castel Ringberg offrono una complessità ancora maggiore grazie a “un microclima molto speciale in quanto abbiamo l’influenza del vicino Lago di Caldaro mentre dal punto di vista del suolo siamo su un’intersezione unica tra varie anime di epoca glaciale e post glaciale, principalmente calcare con depositi morenici che conferiscono mineralità e salinità” afferma Walch.
Uno dei segreti meglio custoditi dell’Alto Adige, se non hai ancora scoperto i Sylvaner della denominazione, ti stai perdendo uno dei suoi bianchi più grandi e rari. Mentre l’uva rappresenta solo una frazione della produzione complessiva della provincia, vale la pena cercarla per la sua tensione, luminosità e finezza guidate dai minerali. Gli aromi tipici includono pietra focaia, note affumicate, fiori bianchi ed erbe selvatiche. È anche straordinariamente longevo. Come il Kerner, anche il Sylvaner ha trovato la sua dimora spirituale in Valle Isarco, dove cresce su pendii soleggiati e freschi ed è il terzo vitigno più piantato.
“Il Sylvaner è il più storico dei vitigni che oggi coltiviamo. È stato piantato per la prima volta intorno al 1880 e da allora è stato coltivato ininterrottamente, a differenza del Grüner Veltliner e del Riesling che sono stati reintrodotti solo circa 20 anni fa”, afferma Werner Waldboth, responsabile vendite e marketing dell’Abbazia di Novacella. Fondata nel 1142, è la cantina più storica della Valle Isarco. “Il Sylvaner è un’uva che rispecchia abbastanza bene il terroir. Su suoli pesanti i vini sono abbastanza neutri, mentre su suoli più leggeri e permeabili, come quelli delle nostre zone dove le radici possono affondare abbastanza in profondità, si ottengono vini molto eleganti con aromi delicati. Ciò rende la varietà unica e conferisce al nostro Sylvaner un forte segno distintivo che lo distingue dai Sylvaner di altre aree”, afferma Waldboth.
Una degustazione verticale del Sylvaner dell’azienda a partire da una notevole annata 1976 in preparazione di questo articolo ha dimostrato il suo straordinario potenziale di invecchiamento.
Forse nessun’altra uva coltivata in Alto Adige è così controversa come il Müller-Thurgau. Incrocio tra Riesling e Madeleine Royal, la varietà è normalmente associata a vini fruttati e immediati. Un tempo considerata un’uva facile che poteva crescere in una varietà di condizioni, il sovra-sfruttamento ed il cambiamento climatico hanno portato a molteproduzioni poco interessanti e l’uva insieme ai vini che ne derivano hanno perso popolarità nell’ultimo decennio. Ma se piantato nei posti giusti e realizzato con cura, il Müller-Thurgau può raggiungere la grandezza. Se l’altitudine del vigneto è una delle chiavi del successo dell’Alto Adige, è assolutamente fondamentale per questa varietà. “Dal 2000 in poi abbiamo notato che il Müller-Thurgau piantato in vigneti più bassi e più caldi situati al di sotto di 700 metri stavano perdendo aromi, sapore e diventavano più piatti“, afferma Christof Tiefenbrunner, quinta generazione e proprietario dell’azienda vinicola Tiefenbrunner. Nel 1972, il padre di Christof è stato tra i primissimi nella denominazione a coltivare uve ad altitudini estremamente elevate di 3.280 piedi nel loro vigneto Feldmarschall Von Fenner. Il vigneto situato all’estremo sud della provincia “beneficia di un microclima unico che comprende i caldi venti dell’Ora del Lago di Garda, le forti escursioni termiche diurne e notturne e la parete del monte Rotwand che protegge l’altopiano dai freddi venti del nord”, afferma Tiefenbrunner. Il loro iconico Feldmarschall Von Fenner realizzato con il 100% di Müller-Thurgau, rilasciato per la prima volta nel 1974, presenta grandi aromi floreali e un’impressionante profondità di sapori tra cui pesca succosa e albicocca insieme a un’acidità croccante e una vena minerale.
Se ti piace il Riesling vivace e radioso, troverai molte offerte di questo tipoin Alto Adige. Come altre uve bianche coltivate in Alto Adige, il Riesling prospera in alta quota. Eccelle inoltre in vigneti ben ventilati e terreni calcarei. Coltivato in provincia dal 1840, il Riesling rappresenta una piccola percentuale della produzione complessiva, ma ha un seguito di culto tra gli appassionati di vino.
La maggior parte viene vinificata interamente in acciaio, producendo vini secchi, lineari, che offrono pesca bianca, albicocca, agrumi e sapori minerali sapidi. L’acidità vibrante conferisce una tensione allettante e una profondità interessante.
L’uva meno piantata della denominazione, la coltivazione Grüner Veltliner è concentrata nella Valle Isarco. In alta quota si ottengono bianchi croccanti, golosi e minerali. Sensazioni tipiche includono mela verde, agrumi, melone, pietra focaia e pepe bianco.
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